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Grazie all’esercizio fisico ho smesso di sentirmi fragile. La storia di Isabel

La storia di Isabel è una carezza per tutte le donne che vivono l’osteoporosi gravidica. Un inno di speranza, una testimonianza del fatto che dall’abisso si può risalire, che ci si può tornare a fidare del proprio corpo e che anche le ferite dell’anima poco a poco si possono lenire, prendendosi cura di sé e del proprio corpo. “Ho imparato a connettermi con il mio corpo attraverso il movimento, non attraverso il dolore” per Isabel, che ci scrive in spagnolo, la sua lingua madre,  la chiave della rinascita è stata l’esercizio fisico. Grazie, @osteoporosis_fuerza

“Un sogno che si realizza: essere incinta”. E per Isabel la gioia è doppia perché i bimbi in arrivo sono due. Iniziano i preparativi e insieme arrivano dubbi e pensieri: “Sarò una buona madre? Come faranno ad entrare qui dentro due bebè?” Domande normali, quando si comincia a diventare genitori. Dopo la gravidanza inizia la riorganizzazione della quotidianità con due neonati a casa. Ma proprio quando le cose iniziano a normalizzarsi e la famiglia trova una sua nuova routine, succede qualcosa che scompiglia tutte le carte. Una mattina, “un forte dolore alla schiena mi impedisce di alzarmi dal letto”.

Inizia un interminabile cammino alla ricerca della causa di quel dolore acuto e paralizzante. Dopo visite mediche, prove e analisi che sembrano infinite, arriva il verdetto: quattro vertebre fratturate e una diagnosi di osteoporosi severa. A soli 36 anni.

Ora ringrazio per questa diagnosi – dice Isabel – perché avrebbe potuto trattarsi di una malattia ancora più grave. Ma in quel momento le emozioni che hanno iniziato ad accompagnare le mie giornate sono state altre. Frustrazione, disperazione, impotenza, profonda tristezza, senso di invalidità.  Sentivo che la malattia mi aveva rubato un sogno: prendermi cura dei miei bambini. Mi sentivo invasa dalla sensazione che l’osteoporosi mi aveva annullata come madre.”

Mio marito non ha avuto due gemelli, bensì tre. Perché io, sua moglie, dopo il parto mi ero trasformata quasi in un altro bebè, da consolare e da aiutare fisicamente, a causa della mia mobilità così ridotta. Sono diventata una mamma TETA-BRIK, perché sentivo che l‘unica cosa che potevo fare come madre era dare il seno ai miei bambini su un divano. I medici mi avevano detto che non potevo neppure prenderli in braccio e di fare attenzione nel giocare con loro. E poi c’era il dolore. La mia nuova amica si chiamava fascia dorso-lombare. Perché in quei momenti era l’unica cosa che teneva sotto controllo il mio dolore fisico”.

Ma a tutto ci si abitua. Isabel si è abituata a dormire seduta, ad andare piano, a non poter fare le cose da sola e anche a chiedere che le mettessero i suoi figli sulle gambe per abbracciarli. “Il mio corpo si abituava, ma la mia mente era immersa nella depressione, il dolore fisico diminuiva mentre il dolore emozionale ancora continuava a crescere a causa delle emozioni dolorose che accumulavo”.

Tolto il corsetto comincia la riabilitazione, il primo mese in piscina, poi altri due mesi facendo pilates terapeutico. “Lì ho imparato a connettermi con il mio corpo attraverso il movimento e non attraverso il dolore. In quell’epoca i miei figli avevano già quasi un anno e mezzo. In quell’epoca il dolore mi permetteva di vivere con una certa normalità. Ma la paura no. La paura di tornare a rompermi mi angosciava ogni giorno. Vivevo pensando che con qualunque movimento quotidiano potevo rompermi di nuovo, semplicemente piegandomi per prendermi cura dei miei figli o portando una busta della spesa.

Per puro caso un’amica mi parlò di un personal trainer che aiutava le persone con patologie. Le aiutava a convivere con la patologia migliorando fisicamente. Quindi andai da lui e nel primo colloquio gli dissi: “Sono qui perché ho bisogno di sapere cosa non devo fare, per non rompermi di nuovo”. La mia sorpresa fu enorme quando mi disse che sarei tornata a fare tutto, che allenandomi mi sarei preparata in forma progressiva e sicura a fare qualunque cosa. All’inizio non ci credevo nemmeno io. Avevo passato troppi mesi pensando di essere fragile e debole, avevo sentito troppi medici specialisti dirmi che ero diventata una persona fragile e debole per sempre.

“Tornare a muovermi mi ha aiutata psicologicamente, ho iniziato ad essere più positiva. Non ero più fragile, non ero più debole.”

Isabel inizia dunque il suo programma di allenamento con esercizi progressivamente più impegnativi e dopo alcuni mesi arriva un momento cruciale nel suo processo di guarigione:

“Il mio allenatore mi chiese di sollevare una barra di 20 kg al di sopra della mia testa. Allora i miei figli pesavano circa 15 kg ciascuno. Grazie all’allenatore sono riuscita a sollevare la barra, ricordo ancora la mia sensazione di stupore, non ci potevo credere: non ero più fragile, non ero più debole, potevo prendere in braccio i miei figli! Da quel momento fu un continuo miglioramento, fisico e emotivo”.

Isabel ci spiega che il lavoro con il personal trainer è progressivo. Poco a poco si rinforza la muscolatura per raggiungere due obiettivi:

  • proteggersi da possibili fratture dovute a movimenti, previsti o imprevisti, visto che i muscoli diventano l’armatura delle ossa;
  • guadagnare massa ossea: l’allenamento di forza, insieme ad altri esercizi specifici, aiuta le ossa ad essere più forti, sia dal punto di vista della densità, sia per quel che riguarda la qualità della loro struttura.

“Ho imparato a inserire l’esercizio fisico nella mia vita e le mie densitometrie sono migliorate di anno in anno, fino a quando, quattro anni dopo, sono in osteopenia. Ho pensato che tutto il dolore che ho vissuto in questi anni si sarebbe potuto trasformare in speranza e aiuto per altre mamme con osteoporosi gravidica. E’ per questo che ho creato l’account Instagram @osteoporosis_fuerza, con la speranza che quello che ha aiutato me aiuti altre pazienti.

Continuo ad allenarmi costantemente, l’esercizio fisico mi ha aiutato a prendermi cura della mia salute, a riposare e ad alimentarmi correttamente. Lo sport mi ha insegnato a prendermi cura di me e delle mie ossa“.

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