Abbiamo parlato nei precedenti articoli di due figure centrali nella gestione delle fratture da fragilità e nella riabilitazione dalle stesse: il fisiatra e il fisioterapista. E il chinesiologo chi è?
Il fisiatra valuta le fratture e il quadro complessivo del paziente al fine di progettare un piano riabilitativo personalizzato.Il fisioterapista mette in atto quel piano, accompagnando il paziente durante tutto il percorso per la riacquisizione della mobilità.Ma per le persone con fratture da fragilità, la riabilitazione funzionale è solo il primo, fondamentale passo. Non l’ultimo.
Per mantenere l’apparato muscolo scheletrico in forma ottimale e poter svolgere in serenità una vita normale e piena, riducendo il più possibile il rischio di ulteriori fratture, è necessaria l’attività fisica costante, che non va abbandonata mai. E che è in grado di svolgere una vera e propria funzione terapeutica dell’osteoporosi. E’ proprio qui che entra in scena la figura professionale del chinesiologo clinico.
L’equivoco che spesso nasce quando si parla di osteoporosi e fratture da fragilità è che la persona con questa diagnosi, soprattutto se già incorsa in fratture, finisce per sentirsi di cristallo e vive con il timore costante di rompersi, spesso limitandosi anche nella vita quotidiana. L’ossessione, allora, diventa il numero della densitometria. E l’unica ancora di salvezza la cura farmacologica, allo stesso tempo agognata, come unica possibilità di mantenere uno stato di salute accettabile, e temuta per gli effetti collaterali. Ma non è così!
Lo stile di vita ha un enorme impatto sulla salute delle ossa e questo messaggio, purtroppo, non passa ancora a sufficienza. L’esercizio fisico adattato – ossia ben dosato e su misura – oltre ad agevolare il mantenimento e, in alcuni casi, il recupero della densità ossea, conferisce senso dell’equilibrio, muscolatura efficiente e, in generale, buona consapevolezza e controllo del proprio corpo. Tutte abilità che consentono di
- svolgere una vita normale
- dedicarsi alle attività che si desiderano praticare
- abbandonando il timore di fratturarsi costantemente
Trattandosi di persone con una patologia, tuttavia, l‘attività fisica deve essere adattata e deve essere guidata da un professionista che ben conosca il funzionamento del sistema osteoarticolare: il chinesiologo clinico.
Ne abbiamo parlato con il Dott. Davide Teggi, chinesiologo clinico specializzato in esercizio fisico adattato per patologie osteoarticolari e membro della Società Italiana dell’Osteoporsi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro – SIOMMS.
Dott. Teggi, cosa può fare il chinesiologo per una paziente con osteoporosi gravidica e fratture da fragilità?
Per questa tipologia di pazienti il chinesiologo può fare davvero molto, in quanto si tratta di donne in una fascia di età nella quale, dal punto di vista biologico, si ha ancora un grande sostegno ormonale.
Anche se dopo i 30/40 anni la densità minerale ossea inizia a calare in modo fisiologico (si parla di un 1% o 2% all’anno) e si passerà attraverso il periodo critico della menopausa, il metabolismo basale (ovvero il BMR), invece, rimane uguale fino ai 60/65 anni, per iniziare a calare subito dopo. E questo è un grande supporto.
Infatti, per metabolismo basale si intende la quantità di calorie che il nostro corpo brucia quotidianamente per sostentare le funzioni vitali, senza calcolare il dispendio energetico derivante dall’attività fisica e dalla termogenesi degli alimenti. Una persona che inizia uno stile di vita attivo fin da giovane – quanto prima è, meglio è – arriva a 50/60 anni con ancora tante energie da spendere nonché un’ottima capacità di recupero anche sull’osteoporosi.
Tutto ciò per dire che nel caso di una mamma affetta da osteoporosi gravidica c’è un ampio range di lavoro e recupero, in quanto si hanno ancora tante riserve funzionali in quel periodo di età. Proprio per questo, in una situazione di osteoporosi gravidica l’esercizio fisico è davvero un’arma potentissima.
Come scegliere il professionista più adatto per casi come questi?
Trattandosi di pazienti con una patologia è importante affidarsi a un chinesiologo clinico, ovvero un laureato in scienze motorie che abbia fatto il percorso accademico di scienze motorie preventive e adattate. Sono chinesiologi specializzati nelle patologie croniche. In particolare, in caso di pazienti con osteoporosi è preferibile scegliere un chinesiologo che abbia studiato le patologie osteoarticolari.
Quella del chinesiologo clinico è una figura che a breve verrà istituita come vera e propria figura sanitaria che si occuperà di persone con patologie, al pari del fisioterapista e altri professionisti affini.
In che modo l’attività fisica incide positivamente sulle ossa?
Il metabolismo osseo ha come fattore necessario di base il carico, inteso proprio come carico gravitario.
Una persona costretta a letto anche solo per qualche giorno, inizia a ricevere meno imput a livello di formazione ossea. Lo stesso vale per gli astronauti: a causa dell’assenza di gravità tornano dallo spazio sarcopenici e osteopenici, se non in piena osteoporosi, e ciò a prescindere dall’età e indipendentemente dal tipo di ginnastica che svolgono per cercare di mantenere in salute l’apparato muscolo scheletrico.
L’osso non è totalmente compatto e non è totalmente elastico, ha entrambe le proprietà e reagisce ad un carico esterno, principalmente ad un carico da compressione. Porre sull’osso un carico compressivo – e già la gravità lo è – produce all’interno dell’osso un cambiamento biochimico. Alcuni tipi di cellule, chiamate osteoblasti – ovvero le cellule deputate alla formazione di tessuto osseo – reagiscono a questo carico inviando, insieme anche ad altre molecole, dei segnali di formazione.
In definitiva, attraverso il carico si invia al nostro corpo il segnale che deve attivarsi per “mettere mattoni” al fine di sopportare quel carico nel futuro.
Quali esercizi stimolano il metabolismo osseo?
Da quanto detto si evince facilmente che il tipo di esercizio che apporta benefici alle ossa è quello con carico.
Ma quanto carico serve per attivare il meccanismo che stimola la formazione ossea? Per ottenere un beneficio dall’esercizio devo caricarmi 100 chili sulla schiena? Assolutamente no. Per ottenere una risposta dall’esercizio e dal carico, dobbiamo dare un’intensità tale di compressione all’osso, pari a un decimo dell’intensità che porterebbe alla rottura.
I professionisti che si occupano di attività motoria sanno come aumentare gradualmente il carico per indurre una risposta osteogenica, ovvero di crescita dell’osso. Si parte dall’allenamento a corpo libero che sfrutta i movimenti in relazione alla gravità e si prosegue utilizzando pesi, elastici etc.
Il carico va sempre messo in relazione alla condizione fisica della persona. Per una persona costretta a letto, anche solo camminare può indurre una risposta. Invece per una persona già allenata la semplice camminata o esercizi a cui il corpo di quella persona è già adattato non danno nuovi stimoli per la crescita dell’osso. Si parla in questo caso di adattamento cronico.
L’allenamento efficace per sostenere il rimodellamento osseo è essenzialmente un allenamento contro resistenza. E per avere una crescita bisogna aumentare i carichi, il che non significa che bisogna aumentare all’infinito il peso, ma che dopo un certo periodo di tempo gli esercizi vanno cambiati perché il corpo si adatta.
Sappiamo che il carico genera una risposta dal punto di vista molecolare. La molecola più studiata per l’effetto farmacologico che ha, anche se non la sola, è l’irisina. E’ una molecola prodotta dai nostri muscoli in seguito ad uno stimolo meccanico dato dal movimento. Tale molecola ha un effetto tanto sul tessuto adiposo (trasforma il grasso bianco dormiente in grasso bruno che ha una funzione termogenica), quanto sugli stessi muscoli e sulle ossa, producendo un incremento di entrambi i tessuti anche di un 10-15% (oltre che una migliore performance e struttura dei muscoli).
Questo però accade per pochi mesi dello stesso allenamento senza variazioni: si è visto che l’esercizio per il quale c’è un adattamento cronico non produce più irisina, perché oramai si è in una determinata condizione. E’ un punto fondamentale: per avere una crescita bisogna aumentare i carichi, il che non significa che bisogna aumentare all’infinito il peso, ma che dopo un certo periodo di tempo gli esercizi vanno cambiati perché il corpo si adatta.
Si può cambiare il peso, le ripetizioni, il recupero, il tipo di esercizio o le modalità dello stesso esercizio. Il corpo percepisce anche il cambio di esercizio o delle modalità di esercizio come un cambio di intensità. Si sostituisce il gesto con un gesto a cui il corpo non è adattato.
Tutto ciò in quanto il concetto di carico non è ascrivibile solo al peso ma anche alla resistenza, si possono ad esempio utilizzare degli elastici che ci sottopongono a un movimento diverso rispetto ai pesi ma danno comunque una resistenza, una compressione ossea, positiva perché spinge il rimodellamento osseo.
L’allenamento efficace per l’accrescimento osseo è essenzialmente un allenamento contro resistenza. La risposta biochimica conseguente allo stimolo meccanico dato dal movimento e che determina l’accrescimento tanto del muscolo quanto dell’osso (attraverso il crosstalk muscolo scheletrico) non è prodotto dall’allenamento aerobico moderato. La camminata e un allenamento aerobico moderato, quindi, possono creare uno stimolo per le ossa nel paziente costretto a letto o comunque in condizioni di ridotta mobilità, ma quando vogliamo dare uno stimolo sito-specifico servono esercizi contro resistenza esterna.
Questo è l’aspetto critico delle linee guida ministeriali sull’attività fisica: prendono a campione una grandissima fetta di popolazione e non possono dunque tener conto di età differenti – come è appunto il caso delle giovani donne con osteoporosi gravidica – e di differenti condizioni fisiche.
Non tutta l’attività fisica, dunque, influisce positivamente sul metabolismo osseo. Quali attività non sono utili per chi vuole migliorare la propria massa ossea?
Assolutamente no, non tutta l’attività fisica ha effetti positivi sulle ossa ed è per questo che ci sono persone che, pur facendo attività fisica anche a certi livelli, non migliorano a livello di massa ossea, anzi, peggiorano.
Attività cicliche, come la bici o la maratona, consistenti nella ripetizione di un gesto per un numero indefinito di volte non apportano abbastanza carico. Le persone che svolgono in modo intensivo queste attività possono presentare osteopenia o osteoporosi, condizione di cui ci si accorge, in genere, quando si presentano fratture da stress create da microtraumi.
Un fattore che spesso non viene tenuto in considerazione per chi pratica queste attività in modo intensivo è il recupero. Non si dà il tempo di recuperare da quei microtraumi che sono necessari per far sì che il nostro corpo si organizzi per creare una struttura più forte, in grado di sopportare uno sforzo uguale o anche superiore, e si producono fratture da stress.
Affinché l’esercizio sia benefico per le ossa, dunque, bisogna dare anche adeguati tempi di recupero?
Assolutamente. E’ importante quando si svolge attività fisica dare tempi di recupero adeguati. Non è vero che più ci si allena e meglio è. L’attività con carico, per esempio, può bastare farla due o tre volte a settimana per 20/30 minuti.
Si deve immaginare una striscia con il verde in mezzo, il giallo ai lati e il rosso agli estremi. L’attività troppo blanda non ci serve, un’attività giusta, con un dosaggio corretto, adatto a quella persona porta un risultato, l’attività eccessiva ossida.
Qui ci colleghiamo al discorso dello stress ossidativo. L’osteoporosi è una patologia che è basata su un aumentato stress ossidativo. C’è una condizione di stress particolare sull’osso che può essere dato anche dall’attività eccessiva. Nel caso delle mamme con osteoporosi gravidica, la gravidanza potrebbe aver causato stress ossidativo a causa della richiesta di un gran quantitativo di calcio per il bambino.
Esiste una curva nell’allenamento che si chiama curva di compensazione che funziona così: oggi mi alleno, nelle ore successive la mia condizione è pessima, il mio corpo deve recuperare. Se do adeguati tempi di recupero, l’organismo riacquista le sue forze ma non torna come prima, bensì si adegua a sopportare qualcosa di più intenso. Se sfrutto questa curva posso continuare con il mio allenamento apportando vantaggi, se non do tempo di recuperare si creano fratture da stress.
Sono meccanismi molto interessanti, grazie per essere stato così dettagliato. In questo caso però stiamo parlando di donne che, oltre a trovarsi in una condizione di osteoporosi, hanno subito fratture da fragilità, per lo più vertebrali. Ma dopo una frattura, quando si può iniziare a fare attività fisica?
Se parliamo di riabilitazione, il prima possibile, previo ovviamente il via libera dell’ortopedico o del fisiatra che segue la paziente. Il primo obiettivo è quello di riportare la persona che ha avuto la frattura a svolgere senza problemi le attività quotidiane. Bisogna agire in modo graduale valutando soprattutto la presenza del dolore. Il professionista modula l’esercizio in base alla presenza o meno di dolore nel compiere quel movimento.
E’ ideale iniziare in acqua dove c’è una quasi totale assenza di peso e c’è una resistenza vischiosa dell’acqua. Si fa un lavoro antigravitario che va molto bene, in quanto fa da collante tra l’immobilità e la ripresa dell’autonomia. L’ideale è, poi, complementare l’attività in acqua con l’attività fuori dall’acqua.
In acqua si inizia a ritrovare l’equilibrio, si iniziano a riprendere i movimenti, come ad esempio la capacità di muovere il busto. Pian piano poi ci si allontana sempre di più dall’acqua e si va verso un’attività contro resistenza. Inizialmente attività molto semplici che riportano piano piano verso una condizione di normalità e benessere.
Quando si può cominciare a fare attività con carico?
Alla base c’è sempre il via libera del medico specialista, ortopedico o fisiatra e si continua comunque per gradi. Una volta ritrovata la mobilità persa, si passerà a lavorare sulla stabilità con esercizi isometrici, ovvero di mantenimento della posizione. E’ importante associare questi esercizi alla respirazione in quanto svolge un’attività di decompressione vertebrale. La respirazione aiuta a dare spazio tra le vertebre che, dopo una frattura e eventualmente un periodo di immobilismo con un busto, sono immobili e particolarmente vicine, con dischi vertebrali disidratati. Bisogna dare ossigenazione al loro interno e risolvere l’infiammazione. Solo dopo si può passare ad un’attività di rinforzo.
In questo processo – che parte con la riabilitazione, e dunque riacquisizione dei movimenti quotidiani, e mira a rendere il paziente totalmente sereno e a metterlo in sicurezza nello svolgimento delle attività che faceva prima o che desidera intraprendere – l’ideale sarebbe il lavoro di equipe tra le due professionalità, quella del fisioterapista e quella del chinesiologo clinico.
Il fisioterapista porta la persona dalla condizione di disabilità, immobilità o semi immobilità ad una condizione di normalità, il chinesiologo svolge il segmento successivo, mira a rialfabetizzare dal punto di vista motorio la persona, a dare atletizzazione, il che significa ridare la possibilità di muoversi in piena serenità. Per poter prevenire ulteriori fratture bisogna andare oltre la riabilitazione e imparare uno stile di vita corretto che passa attraverso un esercizio fisico mirato.
Persone con osteoporosi, a maggior ragione se hanno riportato fratture, devono, come abbiamo già detto, rivolgersi a chinesiologi clinici in quanto l’attività per l’osteoporosi è un’attività adattata: non si lavora per la performance e quindi per il risultato sportivo, ma si lavora per la salute e per il benessere. Stiamo parlando di un esercizio fisico terapeutico.
Quali sono i vantaggi dell’attività fisica per persone con osteoporosi al di là del mantenimento o, sperabilmente, del miglioramento della massa ossea?
I vantaggi dell’attività fisica sono infiniti, ma sicuramente possiamo sottolineare che
- l’esercizio produce endorfine che migliorano l’umore, il che è utile per la persona che ha riportato fratture da fragilità e si sente impotente davanti a quanto le è successo, si sente di cristallo
- inoltre, aumenta la capacità di svolgere le azioni quotidiane con serenità e gestire meglio una situazione di disequilibrio
- aiuta nel controllo del dolore. L’esercizio ben dosato alza anche i sistemi endogeni antiossidanti e produce ormoni che abbassano la percezione del dolore.
In tema di dolore, chi ha avuto fratture vertebrali spesso riporta dolore anche a distanza di tempo dalle fratture. Da cosa dipende e come si può agire?
In seguito a una frattura i tessuti connettivi tendono a diventare sempre più rigidi e sempre più corti. Se si chiede ad una persona che ha riportato fratture vertebrali di mettersi in quadrupedia e muovere solo il bacino, solo il tratto lombare o solo il tratto dorsale non ci riuscirà, muoverà tutto insieme. Questo perché ha perso la capacità di muoversi in modo segmentato.
Per questo l’attività fisica deve includere esercizi di consapevolezza corporea, ovvero bisogna insegnare al paziente come riprodurre in modo esatto il movimento che ha nella mente.
Il fisioterapista porta la persona dalla condizione di disabilità ad una condizione di normalità, il chinesiologo svolge il segmento successivo. Infatti, per poter prevenire ulteriori fratture e contribuire a curare l’osteoporosi, bisogna andare oltre la riabilitazione e dare alla persona fratturata atleticità attraverso un esercizio fisico terapeutico.
L’esercizio non è solo attività muscolare, attività di allungamento e attività aerobica ma è anche attività di percezione corporea e di connessione tra gli stimoli nervosi: riproduco esattamente il gesto che voglio fare. Questo allenamento si chiama cinestesico e si fa molto con i bimbi.
Si può, ad esempio, far mettere paziente in quadrupedia e porre un piccolo peso, come una bottiglia da mezzo litro con poca acqua dentro, al centro della schiena, poi gli si chiede di fare determinati movimenti senza farla cadere. Questo esercizio richiede l’uso di determinati pattern motori che possono innescare sintomatologie dolorose. Il dolore deriva dal fatto che quei punti sono bloccati e non hanno più ricevuto segnali.
Per essere più chiari, la colonna vertebrale ha tre curve (una lordosi cervicale, una cifosi dorsale e una lordosi lombare) più la curva del sacro. La distribuzione del carico in una colonna ipomobile è peggiore in determinate vertebre. Spesso, infatti, si trova in alcune vertebre una osteoporosi molto più accentuata che nelle altre. Lì c’è un problema posturale perché andiamo costantemente a caricare una determinata zona piuttosto che un’altra. Succede quando una di queste curve è eccessiva o avviene una rettilineizzazione. Si scarica il peso in maniera sbagliata, a maggior ragione a seguito di un’immobilità prolungata e quando c’è una minore capacità di essere mobili e armonici nel movimento.
L’aspetto fondamentale è riprendere a fare attività stando attenti a determinati movimenti che possono causare nuove fratture.
Quali sono i movimenti rischiosi?
- Sono rischiosi, per esempio, tutti i movimenti che pongono delle forze di taglio sulle vertebre. Anche nel pilates, che è spesso un’attività promossa in caso di persone con fratture pregresse, ci sono alcuni movimenti di questo tipo. Qualora ci si accinga, quindi, a fare questa attività, soprattutto in gruppo, è molto importante far presente la propria situazione.
- E’ necessario prestare attenzione a tutti i movimenti che portano un disallineamento capo, spalle, bacino.
- Ad esempio il sit up, il classico esercizio per allenare gli addominali con le spalle che si staccano da terra, è meno indicato per allenare il core del plank. Il plank stimola comunque la zona addominale apportando benefici ed evita i rischi del sit up, che provocando un disallineamento e delle forze che possono non essere ben sopportate, soprattutto nel caso in cui il movimento non sia eseguito correttamente.
- Lo stesso vale per un esercizio che un tempo si usava frequentemente per allenare gli obliqui: si prendevano dei pesi in mano e si ruotava il busto a destra e a sinistra. Torsioni di questo tipo sono molto pericolose, così come lo è il movimento rimbalzato.
- Movimenti simili e ugualmente rischiosi sono presenti anche in sport come il tennis, il padel, il ping pong, le bocce.
Queste attività prevedono movimenti repentini, torsioni, carichi da sopportare in una condizione di disequilibrio particolare che in un soggetto non pronto e non sufficientemente forte muscolarmente creano un rischio fratturativo.
Al contrario, gli esercizi muscolari che si fanno in palestra e si possono fare anche a casa sono esercizi con una bassissima percentuale di rischio incidenti.
Molte fratture, al di là di quelle strettamente da fragilità, avvengono, poi, con movimenti banali della vita quotidiana: ad esempio mi abbasso o mi sporgo per raccogliere qualcosa.
Per questo importante anche imparare a fare i movimenti nella maniera corretta e più sicura: se devo prendere un bambino dalla culla devo piegare le gambe e mantenere le curve fisiologiche della colonna senza creare disallineamento; se bisogna prendere un carico bisogna avvicinarsi il più possibile e tenerlo attaccato al corpo, se bisogna girarsi è opportuno girarsi con tutto il corpo senza fare torsioni del busto.
Cosa ne pensa delle attività che prevedono salti? Possono essere praticate da persone con osteoporosi e pregresse fratture?
Le attività con impatto sul terreno sono senz’altro utili per stimolare la formazione ossea. I salti sono ottimi dal punto di vista preventivo ma, nel caso di pazienti con osteoporosi, a maggior ragione se con fratture pregresse, bisogna prestare molta attenzione.
Sicuramente non sono attività ipotizzabili appena usciti da un periodo di immobilità. Si possono, tuttavia, considerare saltelli con la corda o da un piccolo step quando il paziente abbia raggiunto un adeguato livello di consapevolezza corporea e un buon livello muscolare.
Al di là dell’esercizio fisico, ci sono buone abitudini alimentari e di vita che possono agevolare il mantenimento/recupero della massa ossea?
A livello alimentare ci si concentra sempre sul calcio, che è sicuramente importante ma non è l’unica sostanza necessaria per mantenere in salute il metabolismo osseo.
Tenendo conto che l’osteoporosi è un problema principalmente ormonale legato, come dicevamo, ad una condizione di stress ossidativo, ci sono tanti microelementi fondamentali. Si tratta essenzialmente di vitamine e sali minerali che si possono assumere prestando attenzione a mettere sempre a tavola frutta e verdura di tanti colori.
Per quanto riguarda il calcio, bisognerebbe assumerne almeno 1 gr al giorno principalmente dall’acqua – che ne è un’ottima fonte – e dagli alimenti. Non bisogna ricercare il calcio solo nei latticini, ci sono anche tanti alimenti vegetali come le crucifere, i semi di sesamo, la frutta secca. Il latte e il formaggio, tuttavia, non vanno demonizzati per il molto “chiacchierato” effetto acidificante collegato alla loro digestione. Si tratta di un effetto prodotto anche da altri alimenti quali pasta, carne e pesce. Il problema è sempre l’abuso.
Bisogna poi tener conto che producono stress ossidativo, a cui è associata l’osteoporosi, non solo una carente attività fisica e una scorretta alimentazione, ma anche situazioni di ansia e stress, la carenza di sonno e l’assunzione di alcuni farmaci quali i corticosteroidi.
3 Commento
Doriana Scaletta
Bellissima intervista conoscevo già la professionalità di questo dottore e l’intervista me la solo confermata
Serenella
Complimenti Dottor TEGGI, dalle Sue spiegazioni traggo spunto per riprendere in mano il “mio fisico” e riportarlo gradualmente ad intraprendere l’attività Moderata Metabolica. Sono un’ex “collega “, ma credo proprio che dalle sue affermazioni la sensibilità e la preparazione ulteriore del chinesioloso, siano indispensabili per l’affiancamento del soggetto con problematiche osteoarticolari e mataboliche. Grazie e complimenti ancora per la sua dedizione e competenza.
Stefania
Quando il tuo lavoro è la tua passione non è un lavoro!
Bravissimo Davide. Siamo tutti orgogliosi di te! ❤️