Osteoporosi in gravidanza: cos’è, quali sono le cause e i sintomi, come prevenirla e curarla
Cos’è l’osteoporosi gravidica?
L’osteoporosi gravidica è una patologia metabolica che colpisce alcune donne durante la gravidanza e nei primi mesi di allattamento, e che comporta un’importante riduzione della densità ossea dello scheletro e il deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo.
La patologia rimane generalmente silente fino a quando la donna non inizia a riportare fratture pur in assenza di traumi o in concomitanza a traumi minimi e inizia quindi a manifestare la sintomatologia dolorosa legata alle fratture.
Pur essendo una patologia sistemica, che può quindi colpire tutte le ossa del corpo, le fratture relazionate all’osteoporosi gravidica interessano tendenzialmente le vertebre e si verificano in genere nell’ultimo trimestre di gravidanza o nei primi mesi dopo il parto.
Alcune donne invece sperimentano forti dolori a livello dell’anca e del femore, sempre correlati ad una riduzione del tono calcico delle strutture ossee dell’anca e ai danni conseguenti. Tale condizione è nota come osteoporosi transitoria dell’anca e può anch’essa essere associata alla gravidanza.
Si tratta di una condizione rara, ma non del tutto eccezionale in quanto la sua reale incidenza è con ogni probabilità sottostimata essendo i suoi sintomi spesso confusi con il normale mal di schiena che molte donne sperimentano in gravidanza o nel post parto. Nonostante, quindi, la forte intensità del dolore, spesso invalidante, molti medici tendono a sottovalutare i sintomi riportati dalle donne o a scambiarli per altri disturbi di natura fisica o psicologica. Ciò implica che un certo numero di casi non sia diagnosticato e si verifichi un generale ritardo nella diagnosi.
Dal momento in cui i sintomi iniziano a manifestarsi, e soprattutto in caso di diagnosi tardiva, la patologia incide sulla vita della donna, impedendo per molti mesi alla madre non solo l’accudimento del neonato, ma anche lo svolgimento delle normali attività quotidiane e di cura personale. In una non piccola percentuale di casi, poi, il dolore diventa dolore cronico. Talvolta, può portare a disabilità permanenti.
Spesso le donne affette da questa patologia si trovano ad affrontare insieme ai dolori invalidanti e alla frustrazione di non potersi prendere cura del proprio bambino, l’atteggiamento diffidente e poco collaborativo dell’ambiente circostante, a partire dai medici poco inclini a credere a un reale malessere fisico.
Tutto questo carico emotivo si somma a difficoltà di ordine pratico: dal momento che la malattia non è riconosciuta dal SSN, il faticoso percorso di diagnosi e le terapie successive hanno costi impegnativi, che gravano completamente sulle famiglie, con costi non sostenibili per tutti nel lungo periodo.
La diagnosi è tardiva, i sintomi minimizzati e le donne sono considerate pazienti poco affidabili. Un vero e proprio calvario che spezza letteralmente la schiena e la forza d’animo e mette a rischio la salute sia sul piano emotivo sia su quello fisico.
Quali sono i sintomi più comuni?
L’osteoporosi gravidica si manifesta clinicamente per lo più nel periodo compreso tra gli ultimi mesi di gravidanza e i primi mesi dopo il parto. Nell’ultimo trimestre di gravidanza, infatti, si verifica la maggior parte della crescita dello scheletro fetale e dunque il più elevato trasporto placentare di calcio dalla madre al nascituro.
La sintomatologia tipica di questa forma di osteoporosi consiste in forti, persistenti e ingravescenti dolori alla schiena, accentuati dal movimento, in particolar modo nel corso di torsioni e/o sostenendo minimi carichi in posizione flessa, ad esempio prendendo o appoggiando il proprio bambino nella culla – In tutte queste situazioni facilmente avvengono o peggiorano le fratture vertebrali.
Questi dolori limitano lo svolgimento delle normali attività quotidiane e di accudimento del neonato, fino a una sostanziale impossibilità della madre a compiere qualsiasi movimento senza avere dolori invalidanti. In alcuni casi la sintomatologia dolorosa ha condotto le madri al completo allettamento. Altre volte, il dolore si manifesta anche da sdraiate al punto che alcune donne riferiscono di aver dormito per lunghi periodi semi sedute sul divano.
Nel caso di osteoporosi transitoria del femore la sintomatologia dolorosa riguarda l’anca, la parte anteriore della coscia e l’inguine: il dolore si intensifica con il carico e può diminuire con il riposo.
Come si diagnostica?
Gli specialisti cui rivolgersi, in caso di sospetto di osteoporosi gravidica sono:
- lo specialista esperto di metabolismo osseo, in genere un endocrinologo o un reumatologo, che confermerà o meno il sospetto diagnostico e in caso affermativo valuterà la terapia più adeguata alla gestione dell’osteoporosi e predisporrà i controlli periodici del caso;
- l’ortopedico o il neurochirurgo per quanto riguarda, invece, le fratture, gli interventi necessari per la guarigione delle stesse e la valutazione del nuovo assetto della colonna;
- il fisiatra per la pianificazione e la gestione del percorso riabilitativo, che sarà poi condotto passo passo dal fisioterapista.
L’osteoporosi gravidica, infatti, in particolar modo qualora abbia prodotto danni ossei, richiede un’azione su due fronti: uno più urgente, riguardante la gestione del dolore, la guarigione delle fratture e la riabilitazione funzionale; l’altro, non meno importante, che riguarda lo studio del metabolismo osseo della paziente e la pianificazione delle terapie – farmacologiche o meno – per la gestione dell’osteoporosi, al fine di minimizzare il rischio di successive fratture.
Lo specialista dovrà valutare ai fini di una corretta diagnosi la presenza di edemi e/o fratture a carico della colonna vertebrale con appropriate tecniche di diagnostica per immagini (risonanze magnetiche e TAC – anche le radiografie sono utili, ma potrebbero non rilevare i primi danni della spongiosa e quindi le prime fratture). Tale rilevazione andrà attentamente vagliata congiuntamente ad una densitometria ossea (in alcuni casi accompagnata da morfometria e TBS – Trabecular Bone Score) e agli adeguati esami ematochimici per escludere altre cause dei cedimenti ossei.
La diagnosi di osteoporosi, come accennato, avviene proprio a seguito di una densitometria ossea che presenti osteopenia (valori inferiori a -1) o osteoporosi (da -2,5).
Quali sono le cause?
Le cause dell’osteoporosi gravidica sono ancora sconosciute in quanto i primi studi in corso sulla malattia sono in una fase ancora iniziale. Ciò nonostante sono state avanzate alcune ipotesi:
- uno dei fattori che influisce nello sviluppo di osteoporosi in gravidanza potrebbe essere proprio il cambiamento ormonale dovuto alla gestazione. Una piccola riduzione del tono calcico delle ossa è fisiologica in gravidanza e in allattamento ma nelle donne che sviluppano osteoporosi gravidica la perdita di calcio è generalmente consistente ed è associata ad una significativa fragilità ossea, particolarmente a livello vertebrale;
- potrebbero contribuire a sviluppare osteoporosi gravidica anche la carenza di calcio e bassi livelli di vitamina D durante la gravidanza, entrambi elementi essenziali per la salute delle ossa;
- il rischio di osteoporosi in gravidanza può, inoltre, essere aumentato qualora la donna sia costretta a riposo forzato per lungo tempo o presenti alcune condizioni mediche particolari quali il diabete, l’ipertiroidismo, alcune patologie reumatiche, malattie infiammatorie croniche intestinali, etc.;
- similarmente il rischio di osteoporosi in gravidanza può essere aumentato dall’assunzione in gravidanza di farmaci osteopenizzanti quali ad esempio il cortisone e l’eparina;
- tra le ipotesi messe in campo c’è anche quella che entrino in gioco fattori genetici ma si tratta di un campo ancora oggetto di studio.
Come prevenire l’osteoporosi gravidica?
Non essendo note le cause dell’osteoporosi gravidica, non esistono ad oggi misure preventive specifiche eccetto semplici misure quali:
- mantenere una dieta sana ed equilibrata assicurando un buon apporto di calcio e altri minerali utili alle ossa e di vitamina D;
- fare attività fisica regolare;
- esporsi al sole per migliorare la sintesi di vitamina D;
- evitare fumo e alcol (del resto già sconsigliati in gravidanza);
- assumere supplementi di calcio, vitamina D e altre sostanze eventualmente consigliate dal proprio medico.
Come viene curata?
L’osteoporosi gravidica, in particolar modo qualora abbia prodotto danni ossei, necessita, come si è detto, di un approccio multidisciplinare, richiedendo, da un lato, misure riguardanti la gestione del dolore, la guarigione delle fratture e la riabilitazione funzionale; dall’altro lo studio del metabolismo osseo della paziente e la pianificazione delle terapie – farmacologiche o meno – per la gestione dell’osteoporosi, al fine di minimizzare il rischio di successive fratture.
Innanzitutto per evitare l’aggravamento delle fratture in corso e scongiurare il rischio di nuove fratture è necessario che la donna adotti una condotta cauta, volta ad evitare tutte le attività, situazioni o posizioni potenzialmente rischiose, fino ad un’indicazione di riposo assoluto nei casi più gravi.
Per il controllo del dolore si ricorre in genere ad una terapia farmacologica tarata sulla base dell’entità dello stesso. Sempre ai fini della riduzione del dolore può essere indicata la magnetoterapia, che agisce anche sulla riduzione dell’edema osseo accelerandola.
In casi selezionati può essere suggerito un intervento chirurgico.
L’iter terapeutico relativo alla guarigione delle fratture prevede in genere una prima fase di protezione della colonna. Generalmente viene proposto di indossare un busto, spesso un C35, che permette una iperestensione della colonna vertebrale. Allontanando le vertebre le une dalle altre e riducendo al minimo il carico e le torsioni, si riduce significativamente il rischio di aggravare i crolli vertebrali già in atto o l’evenienza di altre fratture, e si facilita la guarigione fisiologica delle fratture e degli edemi.
La seconda fase del percorso terapeutico consiste nella riabilitazione funzionale della paziente e prevede l’intervento a lungo termine degli specialisti in fisiatria e fisioterapia. Le fratture vertebrali da fragilità alterano la forma del soma vertebrale. Quindi, anche una volta guarite dalle fratture, le vertebre non riacquisteranno più la propria forma originaria e la nuova situazione della colonna della paziente dovrà essere gestita in modo adeguato, sia nell’immediato, sia nel medio e lungo periodo.
Il percorso riabilitativo ha come obiettivo il controllo del dolore e il graduale recupero della funzionalità agendo sia a livello posturale, sia muscolare. In alcuni casi il dolore può diventare cronico e la fisioterapia può aiutare la paziente a gestirlo.
Per quanto riguarda, invece, il secondo fronte, relativo più strettamente alla gestione della demineralizzazione ossea bisogna, in primo luogo, segnalare che una lieve riduzione del tono calcico è, come anticipato, fisiologica in gravidanza e la densità ossea di norma viene recuperata naturalmente nei mesi successivi al parto.
Per le donne che allattano il recupero fisiologico comincia tendenzialmente quando si riduce la produzione del latte, vale a dire attorno ai sei mesi del bambino con l’introduzione del cibo solido. Generalmente intorno all’anno del bambino la densità ossea torna al valore precedente alla gravidanza.
Anche le donne affette da osteoporosi gravidica beneficiano normalmente di un recupero fisiologico, spesso però non sufficiente a rientrare in valori normali. Per questa ragione frequentemente i medici raccomandano di supportare il naturale recupero con terapie che possono includere anche l’assunzione di medicinali volti a stimolare la formazione dell’osso o a rallentarne la perdita.
Una delle prime raccomandazioni che una donna con diagnosi di osteoporosi gravidica generalmente riceve è quella di sospendere l’allattamento. Pur non essendoci completo accordo sul punto, dato che vi è ancora incertezza circa i meccanismi che causano l’osteoporosi gravidica, alla sospensione dell’allattamento sembra, tuttavia, corrispondere anche il rallentamento dei processi metabolici che inducono la patologia. Se dunque la sospensione dell’allattamento appare assolutamente indicata, si tratta ad ogni modo di una valutazione che va fatta insieme da medico e paziente in relazione al singolo caso.
Per quanto riguarda più specificatamente le terapie coadiuvanti, la riduzione del rischio fratturativo e possibilmente il recupero della massa ossea, la situazione appare più complessa rispetto quella che si presenta nei casi di osteoporosi successiva alla menopausa; in quanto i farmaci per la gestione della perdita di calcio sono prevalentemente testati su donne in menopausa e non vi è allo stato un protocollo condiviso circa il trattamento dell’osteoporosi gravidica.
La strada da intraprendere è dunque soggetta più che in altri casi alla sensibilità sul punto e all’esperienza del singolo medico. È infatti frequente che la stessa persona riceva indicazioni terapeutiche differenti a seconda dello specialista a cui si rivolge.
Base comune di partenza per tutte le donne affette da osteoporosi gravidica è l’integrazione di vitamina D, e talvolta di calcio e di altri elementi, insieme al miglioramento della nutrizione e dello stile di vita.
Il medico specialista può inoltre vagliare l’adeguatezza di terapie farmacologiche consistenti essenzialmente in due macro categorie di farmaci: i farmaci antiriassorbitivi, che agiscono cioè sull’attività delle cellule deputate al riassorbimento osseo (osteoclasti) inibendola e i farmaci anabolici, che invece agiscono stimolando l’attività delle cellule che provvedono alla formazione di nuovo osso (osteoblasti).
Nella prima categoria si annoverano i bifosfonati, una classe di farmaci comprendente diversi tipi in uso da molto tempo, e il Denosumab, anche conosciuto col nome commerciale di Prolia, che è un anticorpo monoclonale umanizzato.
Dal lato dei farmaci anabolici è attualmente in uso in Italia il Teriparatide, frammento 1-34 dell’ormone paratiroideo, disponibile con diversi nomi commerciali.
È da poco in commercio in Italia, un’altra molecola, il Romosozumab, un anticorpo monoclonale anti-sclerostina, primo farmaco con il duplice effetto di stimolare l’attività degli osteoblasti, quindi la neoformazione ossea, e di ridurre l’attività degli osteoclasti.
Sono tuttavia attualmente in corso promettenti studi in varie fasi riguardanti nuovi farmaci.